LETTERATURA

Libera nos a Malo

Luigi Meneghello

recensione


Incipit:

S'incomincia con un temporale. Siamo arrivati ieri sera, e ci hanno messi a dormire come sempre nella camera grande, che è poi quella dove sono nato.
Coi tuoni e i primi scrosci della pioggia, mi sono sentito di nuovo a casa. Erano rotolii, onde che finivano in uno sbuffo: rumori noti, cose del paese. Tutto quello che abbiamo qui è movimentato, vivido, forse perché le distanze sono piccole e fisse come in un teatro.
Gli scrosci erano sui cortili qua attorno, i tuoni quassù sopra i tetti; riconoscevo a orecchio, un po' più in su, la posizione del solito Dio che faceva i temporali quando noi eravamo bambini, un personaggio del paese anche lui.
Qui tutto è come intensificato, questione di scala probabilmente, di rapporti interni. La forma dei rumori e di questi pensieri (ma erano poi la stessa cosa) mi è parsa per un momento più vera del vero, però non si può più rifare con le parole.

Un romanzo.... Direi proprio di no.

Un saggio.... Meno ancora

Una chiacchierata, ecco, questo si'.

Immaginatevi un caminetto acceso in una casa di paese dell'Alto Vicentino... ciocchi di legna che bruciano, faville che salgono nel buio del camino... due poltrone, un tavolino rustico, basso con un piatto di formaggio Asiago, pane casereccio che sa ancora di forno e di cose antiche, una caraffa di clinto (certo... e' un vino ora proibito, ma per stasera lo beviamo....), due bicchieri.

La pioggia batte sui vetri, nella penombra scura della sera; batte sulle grondaie, sui tetti, di un rumore noto, che vi parla dentro. In realta' sono rumori diversi, come un'orchestra formata da tanti strumenti e, ad ascoltar bene, si sente la voce di ognuno: cosi' voi sentite la voce d'ogni cosa colpita dalla pioggia. E' la voce antica e rassicurante del paese.

Le poltrone vecchie, sagge per aver ascoltato tanti discorsi in tanti anni da tante persone diverse (ma non cosi' vecchie da aver visto l'inizio della storia; gli arredi delle case contadine non prevedevano poltrone negli anni 20), accolgono voi ed un anziano signore ottantenne dallo sguardo perso nelle faville, ma nello stesso tempo ironico e divertito.

Si chiama Luigi Meneghello.

Racconta, trasportato da un filo logico che esiste solo nella sua mente, ricordi, episodi, avventure legate alla sua infanzia, alla sua terra, alla vita stessa di quel paese che stasera vi accoglie.

Racconta di un tempo nel quale tutto aveva un profilo definito e del suo "dialeto" che, come ogni "dialeto", determinava ancor di piu' questo profilo dando un'anima alle cose, rendendole tangibili.

Il "dialeto" e' la lingua delle radici, e' la radice stessa dell'uomo. Lo si succhia con il latte materno, si ode all'esterno del grembo materno ancor prima che i nostri occhi vedano la luce, ce lo ritroviamo gia' dentro non appena il barlume della ragione si affaccia alla nostra mente

L'italiano viene dopo, e' la lingua che serve a far capire persone che usano dialetti diversi, ma e' come se fosse la traduzione del "dialeto" e delle cose da' solo l'idea, ma non e' "le cose".

E Meneghello usa i "termini giusti" quelli che vanno al nocciolo dell'idea stessa che vogliono esprimere e, tra un sorso di vino ed un pezzetto di formaggio, vi parla del duro lavoro di una comunita' contadina, di "labourers", dove il "tribolare" e' proprio il lavoro-fatica senza scampo ne' sosta: il labour, insomma.

"Essere un lavoratore" e' una virtu' ed il massimo assoluto della lode e' "essere bravo"... un "bravo operaio" ... un artigiano... colui che costruisce le cose con le proprie mani, imprimendo loro la sua volonta' e parte della sua anima, il "work" creativo dell'"homo faber"...

No, non e' mai pesante o noioso.... Le sue pagine scorrono lievi e profonde nello stesso tempo come la vita cadenzata, umana del paese, scandita dal ritmo della pioggia che continua a parlare con voci note.

Parla del Dio che abitava nella chiesa del paese quanto lui era bambino; era un Dio vecchio, ma ancora in gamba, e severissimo. Un Dio perspicace che sapeva e vedeva tutto... ed era anche onnipotente, ma non in modo assoluto, "grazie a Dio", perche' non riusciva a punire "gli adopratori del ciccio" sui mortali nemici ....

Fuori la pioggia continua a cadere e nel suo racconto gli anni passano... dall'infanzia alla giovinezza... con mille volti che si susseguono... i vecchi che muoiono nel loro letto dialogando con la morte, abbandonandosi ad essa o ribellandosi al suo volere, mentre il paese cambia, si espande e la natura delle cose muta mentre mutano i loro nomi, passando dal "dialeto" all'italiano, mutando ancora con l'assimilazione di vocaboli inglesi che entrano a forza nel nostro quotidiano attraverso la radio e la televisione e dal nostro quotidiano vengono storpiati e resi piu' consoni alla cultura stessa del luogo.

Il fuoco del camino e' ormai spento, la caraffa di vino e' vuota: ci siamo scaldati e ristorati alla fonte della cultura di quest'uomo e, mentre albeggia, la pioggia cadendo ci porta rumori nuovi.

A ben guardare il libro non sancisce soltanto il passaggio tra la cultura contadina e quella della societa' industriale che si delinea nel corso delle pagine, ma va ancora otre ed il salto successivo porta alla societa' europea e di questi passaggi Meneghello si ritrova ad essere testimone, narratore e coacervo vivente: da Malo al liceo di Vicenza e poi all'Universita' di Padova (con un percorso di studi "assurdamente brillante") dove si laurea in filosofia, per finire alla cattedra d'italiano presso l'Universita' di Reading, in Inghilterra.

Dal microcosmo del paese al macrocosmo europeo, cercando di mantenere intatte le proprie radici ma, come una mangrovia, gettandone altre strada facendo, per assimilare linfa nuova per giungere alla pluralita' linguistica vera e profonda del prototipo dell'uomo di cultura europeo, un uomo nuovo che e' sintesi di culture diverse e tutte stranamente vive.

Avremo un po' dell'intelligenza, della sagacia, dell'umorismo di Meneghello per compiere il nostro personale cammino in maniera almeno decente?

Libera nos a Malo, uscito nel 1963 in pieno "miracolo economico", e' la prima delle opere di questo autore. Dalla critica venne accolto in modo entusiastico ed e' ormai considerato un classico della letteratura contemporanea, ma, chissa' perche', soprattutto in Italia il nome di Meneghello non ha la notorieta' che gli competerebbe ed i suoi testi rimangono a beneficio di pochi.

Domenico Porzio ha curato (ma nel vero senso della parola) l'introduzione del testo in mio possesso (collezione Oscar Mondadori -Scrittori del Novecento), riuscendo a dare all'opera di Meneghello una collocazione ben precisa e contemporaneamente instillando nel lettore quella curiosita' necessaria ad affrontare nel modo migliore una qualsiasi lettura.

Emblematiche dello spirito di Meneghello le ultime pagine del libro riservate alle Note necessarie perche' il "dialeto" e lingua parlata e non scritta, comprensiva dell'Appendice I: Tavola delle morti piu' notevoli, tra le quali non posso non segnalarvi ....

Caduta e scoppio del cuoricino
ne vanno soggetti i bambini dell'asilo e sono disturbi mortali e possono venir causati dal desiderio sregolato di un giocattolo, di mentine o da un dispiacere;

Caduta nel letamaio
naturalmente non esistevano servizi igienici ne', tanto meno, scarichi fognari. Tutto era risolto con il letamaio, "sudicia porta dell'inferno" perche' caderci dentro significava il piu' delle volte morire. "Libera nos amaluamen": preghiera adatta alla bisogna.

Rosalba Crosilla

Libera nos a Malo: copertina

Libera nos a Malo: copertina