MUSICA

La Trasversalità di Fabrizio De Andrè

approfondimenti

Base ed origine di questo testo è una discussione tra alcuni degli utenti del forum degli Eternauti: luogo intellettualmente vivace, ritrovo "cultori" di ottimo livello non solo "faberiani" e non solo sul tema musicale, luogo nel quale la discussione fila via e non è mai scontata, portando il lettore (o l'utente) chissà in quali luoghi.

Io mi sono limitata a tradurre in forma testuale quelli che erano degli interventi, cercando per quanto possibile, di lasciare le frasi com'erano in origine.

Lascio la parola a loro ....



Ricordo il funerale di Faber come una delle cose più "trasversali" a cui abbia mai assistito:tutte le età, tutte le classi, le provenienze più lontane, i gruppi sociali più disparati (dall'alta borghesia agli ultimi delle sue ballate), etnie assortite (tra cui indioamericani, gitani, immigrati di ogni sorta), musicisti apparentemente inconciliabili (trallalero genovesi, vocalisti sardi, esponenti del conservatorio e della musica colta, rockers, cantautori, sa Dio cos'altro ancora), gente di teatro e una moltitudine di chissàchi. Una "trasversalità" evidente: le parole di Faber, la sua filosofia di vita, il suo modo di porsi e di farci notare le storture del mondo non conoscono confini.

Spesso, su alcuni artisti (in particolare DeGregori, Moretti, Bertolucci) sono apparsi interventi di critica connessa anche alla loro dichiarata appartenenza politica. Fabrizio è stato sicuramente molto più schierato dei citati, molto più estremo (non estremista) nelle sue scelte, eppure non mi ricordo un intervento che dicesse, in sintesi, "non mi piace De Andrè perché era anarchico", oppure "è stato sopravvalutato perché di sinistra".

Motivazioni? La bandiera, ammesso che ne avesse una in particolare, non l'ha mai sventolata. Non ha mai dato il sospetto di scrivere per vendere un'idea, anche se l'idea traspariva in bella evidenza, e questo perche' quell'idea non avrebbe tollerato di essere venduta. L'idea.... e' un'attimo cadere dall'idea libertaria a un'idea piu' "strutturata", con tutto quel che comporta; Faber e' riuscito a non farlo. Mai. Potrebbe, poi, dipendere "semplicemente" dalla qualità delle sue canzoni, oppure dal fatto che riusciva veramente a toccare le corde emozionali di molti. O, ancora, che - nella sua accezione teorica - l'idea libertaria appaia meno intransigente di altre. Emozioni ... quando uno ha una capacita' come la sua di toccare ogni volta un nervo scoperto, l'interlocutore non si puo' sottrarre; e' un riflesso condizionato, come il martelletto sul ginocchio; puoi anche dissentire, ma non puoi far finta di non aver sentito, di non aver capito.

De Andrè è forse un esempio ineguagliato di impegno etico e sociale profondissimo (oltre che di capacita' di analisi raffinatissima) senza neppure il sospetto dalla propaganda, radicato nell'osservazione dell'uomo e nella condivisione, piu' che nell'indicazione di strade preconfezionate da percorrere.

La sua "trasversalità" quindi, è solo sua, frutto irripetibile delle sue idee e del suo modo di metterle in (grandissima) musica?

Certo il chiuso ed elitario ceto sociale della grande borghesia genovese dal quale proveniva l'ha aiutato, in un certo senso. Lui, certe cose, poteva dirle ... altrì no. Le sue “mattane” giovanili erano il classico dei classici della “jeunesse dorèe”. La voglia trasgressiva di scendere agli inferi (a Genova il centro storico degli ultimi) per offendere i genitori (di solito), per curiosità giovanile verso altri modelli sociali, per fare qualcosa di più divertente o emozionante che in certe famiglie proprio non è possibile. "E' l'età!"... e la fase rientra dopo qualche anno. Ma per lui le cose non son cambiate. La grande differenza tra Faber e i tanti sta proprio qui: queste “mattane”, per lui sono state invece viatico e premessa alla comprensione di mondi e persone che teoricamente gli erano inibiti, diventando maturazione definitiva e codificandosi in una espressione unica, che l’avrebbe accompagnato per tutti gli anni che gli rimanevano. In breve: da un “impunito” come tanti altri (molti a scuola ricordavano i suoi anni giovanili così) al gigante che conosciamo.

Ma la trasversalità di Faber è fondata anche dalla premessa dei suoi capolavori, culture e comportamenti tutt’altro che popolari (Brassens, la letteratura francese, la musica colta, il radicalismo americano), che hanno poi trovato sbocco in un anarchismo sincero, ma non osteggiato perché individuale e scelto liberamente; il suo ambiente originario non lo ha mai abbandonato, anche perché riconosceva in lui la perpuetazione di tante aspirazioni abbandonate della gioventù di Albaro, Castelletto e Nervi (i posti migliori della città) -altre volte, rispetto ad amici che se ne sono andati dopo un’esistenza “altra”, mi sono trovato a funerali dove non capivo se molti presenti piangevano il morto o quello che loro stessi erano stati tanto tempo prima-.

Non da ultima la "forma" di espressione artistica di De Andre', benche' (e forse proprio perche') elitaria, ha qualcosa di piu' "assoluto" ed "universale" che lo pone quel mezzo gradino piu' in alto degli altri, tanto piu' quando l'universalita' emerge da un'analisi tanto profonda, sincera e (se del caso) dolorosa del "particulare" (una prostituta di via del Campo, Genova, Italy). Poi sarà l'ascoltatore a scegliere la strada, a fare analisi e scelte che più gli si addicono. Il (o un) grande insegnamento di Faber è il coraggio. Fare fino in fondo i conti con la realta', tutta la realta'; spogliandorsi delle sovrastrutture che in parte (in gran parte) ci vengono tramandate e/o imposte, ma che in parte (in gran parte) finiscono per diventare un comodo rifugio nel quale ci sentiamo al sicuro.

"La Buona Novella", ad esempio, è permeata dalla trasversalità: per i credenti può essere un atto di fede; per gli atei è rivoluzionaria; è colma di immagini "ortodosse"; può essere vista come l'allegoria di una rivoluzione etico-sociale contro gli abusi del potere in nome dell'uguaglianza di tutti gli uomini (ragazzi, siamo tra il 68 e il 70). La trasversalità di De Andrè sta anche nella sua idea di religiosità pura, assoluta, che traspira e che lui stesso ci descrive in un suo scritto:

"Io mi ritengo religioso e la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perchè, secondo me, l'equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in ciò che ci circonda. La mia religiosità non arriva a ricercare il principio, che tu voglia chiamarlo creatore, regolatore o caos non fa differenza. Però penso che tutto quello che abbiamo intorno abbia una sua logica e questo è un pensiero al quale mi rivolgo quando sono in difficoltà, magari dandogli i nomi che ho imparato da bambino, forse perchè mi manca la fantasia per cercarne altri".

La trasversalità di Faber continua a 7 anni dalla sua morte: ora è trasversale anche alle generazioni. I ragazzi ascoltano le sue canzoni e qualcosa li colpisce profondamente, nonostante gli anni passati, nonostante la realtà attuale sia "apparentemente" diversa da quella nella quale quel particolare testo è nato. E' una trasversalità che non fa comodo eppure fa breccia in noi...... Per il tempo di un brano? Oppure ci lascia una traccia indelebile, maturandoci e migliorandoci un po' alla volta?

Michele Caprini e Gli Eternauti

Pubblicato nel 2008