MUSICA

The Final Cut - A Requiem For The Post War Dream

Pink Floyd

recensione

Niente toni osannanti per "The final cut", non saprei proprio a cosa avvinghiarmi.

Unica nota di rilievo è l’utilizzo in sala d’incisione di un microfono fresco fresco di brevetto, l’olofono, inventato da Umberto Maggi (ex componente dei Nomadi), che simula il funzionamento dell'orecchio nonché la successiva lettura dei suoni da parte del cervello; è l’evoluzione della stereofonia in quanto i suoni assumono una "forma" distinguibile solo attraverso l’ascolto in cuffia.

Con l’aggeggino in questione possono essere inviati anche messaggi subliminali, non rilevabili dall’orecchio ma ben percepibili dal cervello: decisamente Waters non li ha inseriti, altrimenti la percezione di piacere all'ascolto sarebbe presente, ingiustificata ma presente.

Onestà artistica, egocentrismo? Bah…


La Formazione:

Wright era già con le valigie pronte al tempo di “The Wall” ed ora lui ed il suo sintetizzatore sono solo un ricordo.

In questo album troviamo Michael Kamen al piano e Andy Brown all’organo. Alle percussioni ancora Mason, ormai l’unico fedele a Waters (sempre più dittatoriale e paranoico): non mette in discussione le unilaterali decisioni e, men che meno, “pretende” di dir la sua sulla struttura dell’album. Ma … ma, nonostante tutto, in “Two Suns in the Sunset” alla batteria ci sarà Andy Newman. In una intervista Mason dirà: Era una canzone particolare, cosa che solo lui poteva fare..... giuro che ascoltando il pezzo non l’ho capita………..

Gilmour, purtroppo, è presente per modo di dire, in realtà la sua è una pura presenza strumentale. Il dialogo con “il gran capo” è definitivamente interrotto e l’album ne risente (accidenti se ne risente!); potremo rilassarci ascoltando la sua voce in “Not Now John”, ma nessuno dei pezzi lo vede come autore.

Waters…… per tutto il resto: ideazione, testi, musica, voce e basso ……… Insomma, da un certo punto di vista è il suo primo album, forgiato con ego e depressione.


L'album

Nel 1983, a 4 anni di distanza da “The Wall” esce “The Final Cut - a requiem for the post war dream”, ma il sottotitolo inizialmente era "Spare Bricks For The Wall" (mattoni di scorta per il muro).

La continuità c’è sicuramente nella paura angosciosa della guerra e della distruzione atomica, nella ricerca di dare quasi una corporalità, attraverso la musica, al padre morto nella II Guerra Mondiale, nella solitudine paranoica dell’essere umano, ma nessun muro crolla alla fine.

“The Final Cut” rimane, in definitiva, soltanto lo sfogo delle personali fobie dell’autore, mentre “The Wall” era la rappresentazione universale di una società che fraintendeva sé stessa.

La guerra per il possesso delle Isole Falkland scoppiata nel 1982 tra Argentina e Regno Unito scopre il calderone-Waters e ne schizzano fuori tutti i demoni. In un’intervista dice:

"Mi sono arrabbiato così tanto che ho trovato la spinta per comporre canzoni che, altrimenti, non avrei mai scritto……”

Anche l’antimilitarismo che pervade tutti i testi deve essere inteso come un sentimento privato, come se, nel perdurare delle guerre, Waters continuasse a veder morire il padre, sempre con lo stesso dolore e con lo stesso senso di abbandono.

In quest’album, sua personale creatura, musicalmente piatto, senza gli improvvisi cambi di stile solitamente sottolineati dalla magica chitarra di Gilmour, senza toni epici né invenzioni, Waters distrugge l’anima dei Pink Floyd assieme alla magia che sono sempre riusciti a creare, anche se, dopo quest’album, sarà lui a lasciare il gruppo che si ricostituirà, questa volta, senza fantasmi nè senza dittatori.

Con cuffie o senza cuffie (olofono o non olofono) non c’è nessun “movimento di suono”: la voce del “monarca” ce l’abbiamo sempre lì, ben piantata sul capo come fosse assiso su di un trono, chiuso nella sua torre d’avorio a vivere una realtà tutta sua.

A ricordare i Pink Floyd rimangono solo pochi sprazzi strumentali; i rumori, che in passato venivano magistralmente usati diventando quasi spartiti musicali, ora esplodono nelle orecchie quasi senza un senso compiuto; nei testi rimane l’angoscia di raccontare l’umanità e le sue miserie….. null’altro….


The Post War Dream

Automobili che scorrono sulla strada….. Giornale radio che annuncia la costruzione di rifugi antiatomici… storie di violenza, droga….La musica sale e la voce sperduta di Waters pone domande senza risposta: perché Gesù fu crocifisso? Perché mio padre è morto………

“What have we done, Maggie what have we done?”

(Maggie, naturalmente è Margaret Thatcher e questa frase divenne all’epoca una specie di slogan..). La batteria impone un cambio drastico…… scompare la voce sperduta per far posto ad un grido di dolore e di rabbia

“Maggie…….!”


Your Possible Pasts

Treno in corsa.. passiamo da uno scompartimento all’altro…….. Interrogativa la voce ……

“i tuoi possibili passati”

….. sui binari abbandonati crescono papaveri ……fantasmi di sorrisi…. Tutto è lontano…. Sperduto…. La voce sale per diventare un urlo

“Ti ricordi di me?”

ed echi lontani di una chitarra perduta oltre l’orizzonte del nostro orecchio. C’è solo la batteria a far da contrappunto rabbioso all’angoscia della voce…….. FINALMENTE la chitarra si fa strada, ci lacera nel profondo e diventa cupa…….

“Pensi che dovremmo essere più vicini…… vicini……. vicini"

ripete l’eco……..


One Of The Few

Il ticchettio di un orologio si fa strada e con le note di una chitarra sottolinea l’antico incubo: uno dei pochi, la supremazia di un uomo sugli altri, il suo potere


The Hero’s Return

Sarcasmo e ricordi disperati….. gli eroi sono tornati a casa, hanno ballato e cantanto nelle strade, mentre nel cuore portavano le parole di un soldato morente. La musica cerca di prender quota, di ritrovare i livelli d’un tempo, ma manca “qualcosa”. A nulla serve l’eco cupa di una voce che ripete sé stessa, a nulla serve il suo cercar di trasmettere emozioni: l’eroe è tornato solo nelle parole, ma non raggiungerà mai i nostri cuori…….


The Gunners Dream

ESPLOSIONE ….. ed un pianoforte solitario, con pochi accordi, cerca di dipingere il paesaggio.

“Fluttuando attraverso le nuvole” …..

un sogno di pace in un mondo di guerra. Il sax prende il posto dell’urlo di Waters e continua a parlarci di vite infrante…..


Paranoid Eyes

Rumori di passi strascicati ed il racconto di una vita distrutta dal terrore della guerra, spersa in labirinti di parole vuote. Per pochi attimi ritornano chitarra e pianoforte a darci respiro, ma i rumori di strada riprendono angoscianti seppellendo tutto il resto.


Get Your Filthy Hands Off My Desert

Aerei …. Esplosioni……. Ritmici violini che sottolineano l’assurdo…… Le voci dei potenti, di coloro che con un gesto decidono il destino delle moltitudini.


The Fletcher Memorial Home

... per tiranni incurabili e re…. Waters canta le sue paranoie e noi (INERMI!) lo ascoltiamo………. Una chitarra che cerca sé stessa tenta di avvolgerci, di portarci via.. ma il resto dell’orchestra è sempre lì, incombente.


Southampton Dock

Urla di gabbiani…….. ragazzi partiti dal porto di Sauthempton come nel ’45 e ritornati solo come “idea” in una tomba vuota……. Una chitarra (annoiata?) accompagna l’accusa: altre vite sprecate, altri morti nei campi….. e la coltellata definitiva nel cuore di chi rimane ......


The Final Cut

Forse primo salto di qualità. La musica ci porta in alto (FINALMENTE!)………. ESPLOSIONE….. violini struggenti e Waters canta spezzando le catene che costringevano la sua voce. Tornano i Pink Floyd? Struggente ma non cupa; dolcissima ma non melensa……… Il dittatore ha salpato l’ancora che la bloccava e la chitarra è libera, le note si contrappongono ad altre note laceranti o struggenti……..

Taglio Finale ………

e le note fuggono……..


Not Now John

Gilmour

La voce stupenda ritorna……

“BRRRRRRRRRBINGO!”

Pulsa di vita, si alterna a Waters, ma riesce a levarsi di nuovo… il ritmo sale……. Il cuore pulsa e la chitarra urla libera e si rincorre da sola……………. Nelle parole sempre “soprusi e potere”….. continua monocorde il tema di tutto l’album


Two Sun in the Sunset

Rumori di automobili, come all’inizio, ma è una ballata quella che ci attende……. E ancora la chitarra deve sottostare alle percussioni, non trova la strada per uscire. Il ritmo si appiattisce nuovamente…….

“Due soli al tramonto …..”

la razza umana sta scomparendo – o, perlomeno, così vorrebbe Waters – il parabrezza si squaglia sotto le lacrime acide dell’autore. Un sax ci libera, forse, cercando di superare le percussioni che sempre si impongono, ma è zavorrato a terra, soffocato e imbavagliato …… No! L’energia non possa. Waters se la trattiene nella sua torre d’avorio………

Rosalba Crosilla

Pubblicato nel 2003

The Final Cut

The Final Cut

The Final Cut - back

The Final Cut - back





Tracklist
  • 1 - The Post War Dream (Waters) 3:00
  • 2 - Your Possible Pasts (Waters) 4:21
  • 3 - One Of The Few (Waters) 1:26
  • 4 - The Hero's Return (Waters) 2:58
  • 5 - The Gunner's Dream (Waters) 5:04
  • 6 - Paranoid Eyes (Waters) 3:49
  • 7 - Get Your Filthy Hands Off My Desert (Waters) 1:18
  • 8 - The Fletcher Memorial Home (Waters) 4:11
  • 9 - Southampton Dock (Waters) 2:05
  • 10 - The Final Cut (Waters) 4:53
  • 11 - Not Now John (Waters) 5:02
  • 12 - Two Suns In The Sunset (Waters) 5:21
  • Durata totale: 43:30

  • LA FORMAZIONE
  • David Gilmour - guitar, vocals
  • Roger Waters - bass, vocals
  • Nick Mason - drums
  • ........... Additional personnel:
  • Raphael Ravenscroft - tenor saxophone
  • Michael Kamen - piano, harmonium
  • Andy Bown - Hammond organ
  • Andy Newmark- drums
  • Ray Cooper - percussion
  • National Philharmonic Orchestra


The Final Cut: interno

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The Final Cut: interno

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