MUSICA

Piccola Orchestra Avion Travel

Abbasso la tradizione! Viva la tradizione!

Russia, fine anni 80. Una comitiva di musicisti italiani è in giro a suonare per quel grande paese, riunita per un tour di due mesi che ha l'ambizione di portare laggiù la "musica italiana del momento". In realtà fra loro non c'è nessun artista di primo piano: la tournèe non è altro che un'opportunità di lavoro. Almeno così l'hanno presa gli Avion Travel, freschi vincitori di "Sanremo Rock" ma poco più che sconosciuti al di fuori di Caserta, la loro città. All'epoca, non ancora "Piccola Orchestra", suonano una musica quasi anonima: un po' di rock-jazz, un po' di new-wave all'italiana, insomma niente di preciso. Una sera, alla fine del loro concerto, due musicisti russi vanno a trovarli in camerino per complimentarsi, e uno di loro, mezzo in inglese e mezzo a gesti, dice ai sei casertani: "Siete bravissimi, siete funambolici con gli strumenti. L'unica cosa che non capiamo è come mai, voi che siete italiani, fate questa musica che non è italiana". Fausto Mesolella, il chitarrista del gruppo, resta qualche secondo in silenzio e poi si gira verso gli altri: "Ha ragione! Ma che razza di musica stiamo suonando?"

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Il giusto atteggiamento verso la tradizione culturale del proprio paese è per molti una vera e propria conquista. Ci vuole tempo anche solo per misurare lo spessore dell'argomento, per dargli l'importanza che merita. Ed è forse per questo che l'approccio alla tradizione è spesso un fatto generazionale. Quasi sempre è l'età il fattore chiave: con l'esperienza, con l'abitudine al confronto, con il maturare della sensibilità, si riscoprono espressioni antiche e se ne afferra il legame con la propria terra, finendo per coglierne il valore e il senso profondo.

Ma quando si è giovani, in genere le cose vanno in un altro modo. I ragazzi interessati alle espressioni artistiche cercano spesso un'identità culturale esterna al proprio mondo di provenienza, per affrancarsi e cercare una propria indipendenza. Molti guardano a quelli che sono considerati i paesi-guida della cultura popolare moderna: Stati Uniti e Inghilterra. Il fenomeno è particolarmente evidente nella musica: sarà per l'influenza delle grandi industrie discografiche, sarà perché l'inglese è ormai la lingua passepartout del nostro tempo, sarà perché la comunicazione è sempre più globale, è la musica americana e inglese quella che invade il mercato mondiale e che viene assorbita dai giovani, riducendo sempre più gli spazi di quella che pure chiamano World Music.

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San Paolo del Brasile, 1967, Festival Nazionale della Musica Popolare. Salgono sul palco quattro ragazzi, con chitarre elettriche e capelli lunghi, subito sommersi di fischi dai molti tradizionalisti seduti in platea. Si chiamano Beat Boys. In pochi secondi si abbatte sul pubblico un'introduzione secca e tagliente, fatta di tre accordi maggiori, che seppellisce in un sol colpo tutta la delicatezza dei samba-cançoes e dei sussurri bossanoviani ascoltati fin lì. E subito fa il suo ingresso un ragazzo timido e sconosciuto, vestito con un maglione arancione e una giacca dal taglio improbabile: si avvicina al microfono e inizia a cantare. La canzone si chiama "Alegria Alegria", e ha dentro di tutto: rock'n'roll, marcette da banda, echi yè yè della Jovem Guarda, ma anche una vocalità non lontana da Joao Gilberto. Sembra una spallata alla musica popolare brasiliana dell'epoca, ma alla fine ottiene gli applausi del pubblico e un insperato quarto posto. "Alegria Alegria" diventerà popolarissima, e quel ragazzo timido si rivelerà uno degli artisti più rappresentativi della canzone brasiliana: il suo nome è Caetano Veloso.

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Eppure, appartengono proprio alla World Music molte delle espressioni artistiche più interessanti da diversi anni a questa parte. Il Brasile è stato capace di mostrare la strada a tutti i paesi, rivalutando le cose migliori della propria tradizione e dando loro una veste moderna, aperta alle influenze provenienti dall'estero, ma senza mai perdere il carattere nazionale. Sono state le migliori produzioni ispirate a questo principio ad affermarsi maggiormente al di fuori dei confini brasiliani, dando uno straordinario contributo alla visibilità in tutto il mondo della cultura di quel paese. Chi non conosce la bossa nova, geniale fusione fra i ritmi brasiliani più morbidi e le armonie jazz? Chi non ha mai sentito parlare dei tropicalisti, che si sono nutriti delle influenze anglosassoni per poi digerirle e rielaborarle in una veste nuova e particolare, completamente e genuinamente brasiliana?

È la sfida di fronte alla quale si trovano gli artisti del nostro tempo: riuscire a rivalutare gli elementi della propria tradizione in un contesto moderno, mescolandoli a risonanze della cultura popolare internazionale, ma conservando un'identità forte e riconoscibile. È il solo modo, per noi paesi latini, di uscire dalla tradizione “pura”, quella che rischia ad ogni passo di sconfinare nell'oleografia che gli americani amano tanto, e che trasforma in “New Caruso” ogni tenore italiano che va a cantare a New York.

Non è una strada facile: pochi ci sono riusciti. Gli americani ricordano ancora un cantante italiano con i baffi che non stava mai fermo, così pieno d'energia che quando allargava le braccia non entrava più nell'inquadratura della telecamera, e che quasi cinquant'anni fa riassunse in una parola, “Volare”, la forza d'animo e la voglia di affermarsi degli italiani di tutto il mondo. E per farlo si lasciò alle spalle tutte le mamme, i fiori, le chiese e i campanili che avevano popolato le canzoni italiane fino a quel momento. Ecco, ce ne vorrebbero altri, di tipi così.

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Sanremo, 1993, Premio Tenco. Gli Avion Travel sono un gruppo molto diverso da quello che si esibiva pochi anni prima in Russia. Diventati “Piccola Orchestra” sotto la guida di Lilli Greco, hanno messo a punto uno stile completamente autonomo, ma ben piantato dentro la tradizione musicale italiana. Sul palco del Premio Tenco eseguono tre canzoni, fra cui la loro versione di "Cosa sono le nuvole", scritta negli anni '60 da Domenico Modugno e Pier Paolo Pasolini per il film "Capriccio all'italiana", un vero e proprio tesoro nascosto della nostra canzone d'autore: gli Avion Travel l'hanno recuperata e inserita nel loro nuovo repertorio, rivestendola con un arrangiamento nuovo e particolare, con una chitarra classica quasi a tempo di flamenco e un sax contralto agile e pungente, il tutto a fare da cornice alla voce e alla ritrovata teatralità di Peppe Servillo. Prima di eseguire la canzone, gli Avion si accorgono che fra il pubblico, in prima fila, è seduto proprio Modugno. Completano il pezzo vincendo l'emozione, quindi Servillo si riavvicina al microfono per dire queste semplici parole: "La canzone che abbiamo appena eseguito è stata composta da Domenico Modugno". L'ovazione che segue, i sei di Caserta non l'hanno mai sentita prima.

di Francesco Sallustio AKA Nick the Toll

Avion Travel: Beppe Servillo

Avion Travel: Beppe Servillo




Avion Travel

Avion Travel


discografia
  • 1988 - Perdo tempo
  • 1989 - In una notte di chiaro di luna (colonna sonora)
  • 1990 - Bellosguardo
  • 1993 - Opplà
  • 1995 - Finalmente fiori
  • 1996 - Hotel paura e altre storie
  • 1996 - La guerra vista dalla luna
  • 1998 - Vivo di canzoni
  • 1999 - Cirano
  • 2000 - Storie d'amore
  • 2003 - Poco mossi gli altri bacini
  • 2007 - Danson metropoli - Canzoni di Paolo Conte
  • 2009 - Nino Rota, l'amico magico
  • 2018 - Privé