MUSICA

La Storia del Progressive Rock

Gli inizi, la strumentazione e la scena, il proto-Progressive



Gli inizi

Alla fine degli anni sessanta appare sulla scena europea una forma di musica rock del tutto diversa da ciò che era stato ascoltato fino ad allora, composizioni eclettiche e complesse, nelle quali, alle ritmiche ed alle melodiche tradizionali della musica rock, si fondono influenze sinfoniche e jazz condotte sino alla più pura sperimentazione, una forma musicale così complessa che aveva bisogno non di semplici strumentisti, ma di musicisti con un elevato livello di preparazione, cultura e virtuosismo che solo la frequentazione di Conservatori o di scuole d’arte poteva dare.

Il nome stesso dato a questa forma musicale indica una fuga dagli schemi prestabiliti del rock e del pop, da quei pochi minuti di esecuzione adatti alla radiodiffusione ad al disco a 45 giri, per raggiungere, “progredendo”, le ampiezze e le complessità sofisticate della musica classica e jazz.

Il movimento nasce in Europa, particolarmente in Gran Bretagna, ed in Europa si sviluppa e matura, mentre sfiora marginalmente i musicisti d’oltre oceano, più legati al blues ed al country, tanto che nessun artista americano può essere annoverato nella schiera dei “grandi” del Progressive.

Gli elementi distintivi del Progressive rock o Prog, come viene più brevemente chiamato, sono essenzialmente i seguenti:

    1. composizioni lunghe e complesse, spesso epiche, altre volte intimiste, dai repentini cambi di ritmo, dalle esplosioni di suono che subentrano a dei pianissimo;
    2. complicati intrecci di fondo in cui basso e batteria, da semplici strumenti di ritmica, diventano spesso protagonisti assoluti, alle volte addirittura strumenti solistici
    3. larghe aperture per dare spazio al virtuosismo dei singoli, ma all’interno di un rigido schema compositivo;
    4. album “concept”, ovvero un’unica storia che si sviluppa lungo l’intero album, come una sorta di film;
    5. testi intricati che spaziano dal fantastico al mitologico, dallo psichedelico alla schizofrenia, dal sociale al politico, un linguaggio scarno, per immagini, con largo uso di doppi sensi e di frasi in slang;
    6. uso di armonie vocali tipiche del canto gregoriano o delle opere lirico sinfoniche;
    7. largo uso di strumenti elettronici, come piani elettici, sintetizzatori ed il mellotron, indispensabile per la creazione di atmosfere orchestrali;
    8. intarsi di veri brani di musica classica che spaziano da Stravinsky, Mussorgsky, Prokofiev sino a Bach e Mozart, con la suddivisione di un singolo brano in “movimenti”, alla maniera della musica classica;
    9. un motivo conduttore che ritorna come evoluzione o variazione lungo l’intero album;
    10. il parallelo sviluppo delle cover degli album prima e dei CD poi, che, da semplici contenitori, diventano delle vere e proprio opere d’arte grazie ad artisti come Roger Dean o studi di Design come Hipgnosis. Gli stessi gruppi si occupano in prima persona della scelta della grafica della cover, come ideale collegamento tra la forma artistica musicale e quella pittorica.


La strumentazione e la scena

La ricerca di un suono quanto più vicino alla musica sinfonica e medievale, porta i gruppi Progressive all’assimilazione di una nuova strumentazione o alla riscoperta di strumenti tradizionali, ma estranei fino ad allora al palcoscenico rock.

Inizialmente vengono introdotti nelle formazioni il flauto traverso ed il violino, ne sono un esempio le prime composizioni dei King Crimson, dei Genesis e, in Italia, della PFM, alle volte anche strumenti meno usuali come cornamusa, harmonium ed oboe, ma la grande mancanza sono le sezioni strumentali, tanto che in alcuni casi vengono ingaggiate delle vere e proprie orchestre.

Il punto di svolta si ha con l’introduzione del mellotron, strumento tanto semplice quanto geniale. Il mellotron è una tastiera, generalmente di tre ottave, in cui ogni tasto aziona la testina di un registratore ad esso collegato. Sul nastro possono essere incisi dei suoni e quindi violini, viole, strumenti a fiato, ma anche intere sezioni di strumenti ad arco o a fiato, cori, rumori, ogni nastro può contenere sino a tre tracce differenti lunghe 8 secondi ciascuna. Rilasciato il tasto, il nastro si riavvolge automaticamente ed è pronto per una nuova esecuzione. Il musicista, agendo appunto sui tasti, di fatto attiva una testina di un registratore facendo emettere allo strumento il suono che è presente sul nastro.

Ecco dunque che le formazioni possono allargare la propria strumentazione all’infinito, aggiungendo ai brani quelle atmosfere tipicamente sinfoniche o etniche che erano loro precluse, soprattutto nelle esecuzioni live.

Grande importanza in questo sound innovativo riveste l’organo e la scelta dei gruppi cade quasi sempre sull’Hammond, soprattutto sui modelli B3, C3 e L100, per il particolarissimo suono aspirato.

L’Hammond ha due tastiere sovrapposte da 61 chiavi ed una pedaliera di 25 chiavi basse. Una caratteristica unica che contraddistingue gli organi Hammond da tutti gli altri è la presenza sulla console di nove tiranti a stantuffo ciascuno impostabile su altrettante posizioni diverse, che, combinandosi tra loro, permettono al musicista di variare all’infinito le tonalità ed il volume dello strumento. In simbiosi con l’organo Hammond vi sono quasi sempre i diffusori della Leslie che, grazie ad un congegno elettromeccanico che convoglia il suono in un condotto elicoidale, genera un tremolo del tutto particolare.

Note gravi e note acute vengono dapprima filtrate e poi indirizzate verso due distinti rotori, che girano a velocità disuguali, creando così una modulazione sonora sempre differente. Il Leslie 122 ed il Leslie 142 sono i modelli più famosi e generano un suono morbido e rotondo, quello che si ascolta nelle esecuzioni di Richard Wright dei Pink Floyd. Il Leslie 147 ed il Leslie 145 producono un suono più aspro e duro, quello preferito ad esempio da Jon Lord dei Deep Purple.

Altro strumento innovativo che trova spazio nelle esecuzioni Progressive è il Mini-Moog, progenitore del Sintetizzatore, strumento totalmente elettronico costituito da oscillatori, generatori d'inviluppo, mixer e filtri, una console piena di interruttori e manopole che regolano ogni aspetto del suono generato ed una tastiera a tre ottave e mezza. il Mini-Moog, con la sua possibilità di modulare il suono da nota a nota, consente per la prima volta al tastierista di “svisare”, ovvero di passare da una nota alla successiva attraverso le “non-note” dei suoni intermedi, possibilità fino ad ora riservata agli strumenti a corda, chitarra in testa a tutti.

Sostanzialmente i modelli di chitarra più usati dai chitarristi Progressive sono due: la Fender Stratocaster e la Gibson Les Paul , anche nel suo modello Custom, amplificate dai giganteschi Marshall o dai piccoli Vox AC30. La scelta dello strumento è realizzata dal chitarrista in funzione della propria sensibilità, del genere di musica che ama suonare, della maneggevolezza del manico, della leggerezza o durezza dell’accordatura, della sonorità che vuole raggiungere.

Le Gibson Les Paul dal suono più caldo e armonico sono le preferite, ma anche le Fender Statocaster dal suono più chiaro e preciso hanno i loro estimatori.

Tra i chitarristi pro-Gibson si annoverano, tra gli altri, Robert Fripp dei King Crimson, Gary Green dei Gentle Giant, Steve Hackett dei Genesis, Martin Barre dei Jethro Tull, Steve Howe degli Yes, tra i pro-Fender David Gilmour dei Pink Floyd, Robin Trower dei Procol Harum. Altri chitarristi si alternano indifferentemente dall’una all’altra: è il caso di Andy Latimer dei Camel.

La ricerca di sonorità complesse fa sì che, davanti al chitarrista, appaiano pedaliere di tutti i tipi: dal substain per allungare la vibrazione della corda, ai controlli del volume e della tonalità, ai distorsori, all’E-bow, strumento elettronico che agisce su una singola nota, la fa vibrare e la sostiene e consente al chitarrista di ottenere suoni simili a quelli di un violino o di un flauto o atmosfere eteree ed impalpabili.

Quella che tradizionalmente è la sezione ritmica, basso e batteria, nel Progressive subisce un’impressionante evoluzione. Le complesse tessiture ed i cambi repentini di tempo esaltano le doti degli strumentisti chiamati per la prima volta anche a vere e proprie esecuzioni solistiche al pari di tutti gli altri membri del gruppo. Tra gli strumenti assume una buona popolarità il basso Rickenbacker dal suono secco e metallico usato, tra gli altri, da Mike Rutherford dei Genesis, Chris Squire degli Yes, Roger Waters dei Pink Floyd ed appaiono percussioni inusuali, come gong, campane tubulari, strumenti dalle origini etniche più svariate e i Roto Tom, dei tom-tom sintetici montati su un telaio d’acciaio che hanno la possibilità, ruotando sul supporto, di modificare la tonalità del suono emesso, creando interessanti effetti di movimento.

Con gli strumentisti spesso impegnati in esecuzioni complesse, spesso seduti davanti ad uno spartito, la presenza scenica è fatalmente ridotta all’osso. Occorre studiare forme nuove di catalizzazione dell’attenzione dello spettatore che sopperiscano alla staticità degli strumentisti. Alcuni gruppi, come i Pink Floyd, utilizzano luci e fumo, laser e sfere riflettenti come coreografia alla musica, altri performances con il proprio strumento come Keith Emerson che accoltella o da fuoco al proprio Hammond durante il concerto. I Genesis sfruttano invece l’inventiva e la vena eclettica di Peter Gabriel per creare attorno ai brani un vero e proprio spettacolo fatto di costumi, travestimenti, luci ed ombre sapientemente spalmate sulla scena per sottolineare una storia, una situazione, un personaggio.

Il rock non è mai stato così creativo!


Il proto-Progressive

Come per tutta la musica rock e per ciò che poi ne è seguito, le radici vanno sempre ricercate in uno dei due gruppi che, ognuno in maniera diversa, hanno dato origine ad un vero e proprio terremoto nella musica contemporanea, ovvero Beatles e Rolling Stones.

Il progressive rock si innesta nel filone dei Beatles, non i Beatles “elviseggianti” della prima ora, ma quelli più maturi e litigiosi della fine della loro brevissima storia. E’ incredibile pensare a ciò che hanno sovvertito in campo musicale i Beatles in appena 7 anni di carriera (il primo album è “Please Please Me” del 1963 e l’ultimo “Let it be” del 1970).

La svolta verso tematiche che ritroveremo poi nel progressive rock si ha però a cavallo tra il 1966 ed il 1967, grazie soprattutto alla vena melodica ed intimista di Paul McCartney.

E’ difficile oggi non individuare in brani come “Eleanor Rigby” (Revolver - 1966), “A Day in the life” (Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - 1967) “Penny Lane” e “Strawberry fields forever” (Magical Mystery Tour – 1967), “Because” (Abbey Road – 1969), “Let it be” e “The Long and Winding Road” (Let It Be – 1970) l’embrione di quello che diverrà poi il progressive.

Parallelamente, sulla scena inglese, negli stessi anni, altri gruppi sperimentano un nuovo modo di fare rock che esce dagli schemi dei soliti quattro accordi, seppur magistralmente combinati tra loro, per attingere alla tradizione della cultura musicale europea.

Ecco allora che da Birmingham arrivano i Moody Blues, in origine poco fortunata band di Rhythm and Blues, ma che nel 1966, con l’album Days of Future Passed, che conteneva anche la celeberrima “Nights in white satin”, dà un’improvvisa sterzata verso composizioni più elaborate e musicalmente complesse. I Moody Blues hanno tra l’altro il grande merito di introdurre per primi nella musica rock l’uso del mellotron.

Il mellotron era in verità già stato utilizzato sia dai Beatles in “Strawberry Fields Forever” e in “I Am the Walrus” (Magical Mystery Tour – 1967) che dai Rolling Stones in “She's a Rainbow” (Their Satanic Majesties Request – 1967), ma mai in maniera così continua e caratterizzante.

Altro gruppo fondamentale in questa svolta della musica rock, sono i Procol Harum (biografia e discografia), del pianista e cantante Gary Brooker, del tastierista Matthew Fisher e del chitarrista Robin Trower, che, sempre nel 1967, con il singolo di esordio “A Whiter Shade of Pale”, raggiungono il primo posto nella hit inglese e vi rimangono per sei settimane. Quel brano, vagamente ispirato dall’Aria sulla quarta corda dalla Suite n. 3 in sol maggiore di Johann Sebastian Bach, caratterizzato da maestosi e struggenti suoni dell’organo Hammond, altro grande protagonista della musica progressive, scala le classifiche di mezzo mondo vendendo oltre sei milioni di copie, un’enormità per quegli anni.

I Procol Harum introducono altre novità rivoluzionarie per l’epoca: sono il primo gruppo ad avere contemporaneamente in formazione un organista ed un pianista, i primi a comporre una suite interamente strumentale come ”Repent Walpurgis”, pubblicato da noi – chissà perché – con il titolo di “Fortuna” (Procol Harum – 1967), i primi ad utilizzare suoni ambientali come parte integrante di un brano in “A Salty Dog” (A Salty Dog – 1969) nel quale si possono udire il fischio di un nocchiere, le grida dei gabbiani ed il rumore della risacca sullo sfondo, particolarità queste che ritroveremo poi successivamente in molti album dei Pink Floyd.

Provenendo dal folk convergono verso le stesse atmosfere gruppi totalmente differenti come gli Amazing Blondel ed i Jethro Tull.

Gli Amazing Blondel sono uno dei gruppi più originali ed insoliti del panorama rock di tutti i tempi. Il nome stesso, che deriva da quello del leggendario menestrello di Re Riccardo “Cuor di Leone”, fa intuire come il trio si ispiri alla musica di stile medievale. La strumentazione è altrettanto inusuale includendo, tra gli altri, anche liuto, ocarina, cornamusa, harmonium ed oboe. Nel 1971 incidono l’album “Fantasia Lindum” che contiene anche l’omonima leggendaria suite della durata di oltre venti minuti. Sebbene i brani, per via della strumentazione, appaiano ripetitivi, le atmosfere che riescono a creare sono realmente magiche. “England”, del 1972, è probabilmente l’album più significativo inciso dagli Amazing Blondel nella loro breve storia.

Dal folk arrivano anche i più famosi Jethro Tull dell’istrionico flautista folletto Ian Anderson, tanto popolari tra il pubblico, quanto osteggiati dalla critica. La loro musica è una miscela di hardrock, blues, melodie folk tradizionali, brani classici rivisitati ed attualizzati, un esempio tra tutti “Bouree” tratto dall’omonima composizione di Johann Sebastian Bach (Stand Up – 1969).

Sia gli Amazing Blondel che i Jethro Tull introducono per primi l’uso ricorrente del flauto traverso come strumento solistico.

A Manchester, nel 1968, l’incontro tra il batterista Chris Judge Smith, il visionario cantante e compositore Peter Hammill ed il tastierista Nick Peame da vita ai Van Der Graaf Generator. I testi oscuri ed esistenziali di Hammill ben si adattano alla musica sperimentale, jazzisticamente ispirata, degli altri componenti, che si concretizza nel loro indiscusso capolavoro “Pawn Hearts” del 1971.

Nel 1967, sulla scena londinese, debuttano The Nice, gruppo che suonerà solo per 3 anni, ma che ha il grande merito di costruire un ponte tra il pop psichedelico e ciò che diventerà il progressive rock. Della formazione fa parte anche Keith Emerson, tastierista eclettico ed egocentrico, dotato di una mostruosa tecnica strumentale e di un altrettanto mostruoso assolutismo e gusto per la provocazione. L’organista attira l’attenzione della critica e del pubblico in performances “Hendrixiane” pugnalando la tastiera o simulando amplessi sul palco con il proprio organo Hammond, bruciando amplificatori ed altri oggetti, inclusa una bandiera americana durante un concerto alla Royal Albert Hall, sfiorando l’incidente diplomatico. La musica di The Nice è un misto di rock, musica classica, jazz tradizionale e fusion che si concretizza nel loro secondo album “Ars Longa Vita Brevis”, del 1968, nel quale spicca l’omonima suite per gruppo e orchestra che occupa l’intera seconda facciata e che si ispira ai Concerti Brandeburghesi di Bach, riprendendo anche la Suite Karelia di Jean Sibelius.

Nel frattempo, a Canterbury, nel 1966, il batterista Robert Wyatt ed il bassista e cantante Kevin Ayers, fondano, assieme al tastierista Mike Ratledge ed al chitarrista australiano Daevid Allen il gruppo dei Soft Machine. Le liriche surreali e le complesse architetture armoniche di ispirazione jazz-pop appaiono del tutto rivoluzionarie per l’epoca. Già dal secondo album (Vol. 2 - 1969), l’impronta musicale jazz-rock prende il sopravvento sui testi e sulle parti cantate che diventano accessorie, i brani appaiono onirici e quasi inaccessibili. L’album successivo (Soft Machine Third – 1970) vede l’introduzione nella formazione di una sezione di fiati ed è considerato l’archetipo sia del progressive rock che del jazz-rock.

Tutto questo fermento concentrato in pochissimi anni, questa continua ricerca di nuove vie, di contaminazioni, di esperimenti, doveva sfociare per forza in qualche cosa di innovativo, di “mai sentito prima” nel panorama rock mondiale.

Nell’estate sempre del 1967 il batterista Michael Giles e suo fratello Peter, bassista, veterani delle scene rock minori inglesi, contattano Robert Fripp che, dopo aver militato in piccole formazioni locali, suona la chitarra in una piccola orchestra in un hotel. Formano un gruppo e superano un provino alla Decca Records che consente loro di incidere un album, The Cheerful Insanity of Giles, Giles & Fripp, una strana mistura di jazz, musica psichedelica, ballate e humor demenziale che passa praticamente inosservato.

Peter Giles, entusiasta comunque del progetto, contatta anche Julie Dyble, ex cantante dei Fairport Convention ed il polistrumentista Ian McDonald con i quali vengono incisi alcuni brani. Mentre Julie Dyble abbandona ben presto il gruppo, Ian McDonald si trova a suo agio in questo melting pot di idee e chiama anche un suo amico, il poeta visionario Peter Sinfield. Il sound del gruppo si affina sempre più, grazie anche all’utilizzo del mellotron. Nel 1968 Peter Giles decide di abbandonare la carriera ed abbandona il gruppo e Fripp propone agli altri di sostituirlo con un suo vecchio amico, bassista e cantante, Greg Lake. Il nome del gruppo “Giles, Giles & Fripp” è oramai inadeguato e la fantasia di Sinfield ne concepisce un nuovo, quello di King Crimson .

E’ il 1969 e viene pubblicato “In the Court of the Crimson King”: è nato il Progressive.

Starless

Pubblicato nel 2009

David Gilmour con la Fender Stratocaster

David Gilmour con la Fender Stratocaster

Robert Fripp con la Gibson Les Paul

Robert Fripp con la Gibson Les Paul

Mike Rutherford con il Rickenbacker 360

Mike Rutherford con il Rickenbacker 360

Rick Wakeman con le sue tastiere

Rick Wakeman con le sue tastiere

Roger Dean - cover di Relayer degli Yes - front

Roger Dean - cover di Relayer degli Yes - front


Roger Dean - cover di Relayer degli Yes - back

Roger Dean - cover di Relayer degli Yes - back

Roger Dean - cover di Octopus dei Gentle Giant

Roger Dean - cover di Octopus dei Gentle Giant

Hignosis - cover di Dark Side of the Moon dei Pink Floyd

Hignosis - cover di Dark Side of the Moon dei Pink Floyd

Hignosis - cover di Meddle dei Pink Floyd

Hignosis - cover di Meddle dei Pink Floyd

King Crimson - In the Court of the Crimson King

King Crimson - In the Court of the Crimson King